Trama
«Intanto io sogno che quello costa quasi niente.» Potrebbe essere il riassunto di una vita e in un certo senso lo è: una delle vite che schizzano fuori da queste pagine, racconti di donne i cui destini, diversissimi tra loro, si somigliano però nelle mille sfumature affilate del coraggio, della rabbia, della nostalgia, dell’amore. Dentro a interni metropolitani invasi da bucce di cipolla e mariti violenti, borsette in finta pelle e madri disapprovanti, si muovono le protagoniste e come si muovono sbagliano, ma non per questo si adattano a star ferme. Escono di casa, portano nelle strade le loro speranze e i loro errori, affrontano lo sguardo frastagliato di compaesani curiosi, rincorrono padri erranti con i segni del rossetto sul collo della camicia, accompagnano figlie riottose in educazioni sentimentali del tutto approssimative, tra consigli per gli acquisti, ambizioni televisive, pregiudizi etnici. In queste pagine c’è tutto il nostro mondo, non certo solo quello femminile: una grande jam session in cui squillano, si interrompono, si riprendono e si amplificano le deviazioni melodiche delle vite contemporanee. Storie che fanno ridere, storie urticanti, storie vere che sembrano viste da una finestra e sono travolgenti come solo l’immaginazione. L’esordio in prosa di Alessandra Carnaroli è un romanzo corale in cui l’autrice, come un bardo psichedelico, monta e trasfigura i pezzi dell’ordinario domestico – piatti, frigoriferi, pizzi, farmaci, cappelli e bomboniere – per costruire l’unica epica possibile, quella del tempo che ci resta.
Si tratta di una raccolte di esperienze, mi piace definirle così. Non mi è chiaro se ciò che la Carnaroli ha scritto sia di sua invenzione oppure se ha riportato vere testimonianze, ma sta di fatto che sicuramente è venuta in contatto con chi quelle sensazioni le ha provate veramente; ciò che si legge tra queste pagine non è solo frutto dell'immaginazione di una scrittrice, ma purtroppo cose del genere si sentono tutti i giorni.
Nel suo libro Alessandra Carnaroli non parla solo di violenza fisica, ma in ogni capitolo ogni donna subisce o racconta di aver visto subire un qualsiasi tipo di violenza: che sia fisica o psicologica, o la perdita di un figlio, poco supporto dal proprio compagno o dalla famiglia di lui, ma anche un brutto rapporto col proprio figlio può essere in qualche modo la sofferenza di una madre.
Parlando della struttura del libro, i capitoli sono scritti senza maiuscole, a tratti un po' sgrammaticati e ad un certo punto non è presente neanche la punteggiatura. Per quanto personalmente ho avuto difficoltà nel tenere il segno durante la lettura (ciò che non mi permette di mettere cinque stelle), devo dire che questo modo particolare di scrivere ha trasmesso il grido di sofferenza di quelle donne, come un flusso di pensieri sputati fuori così come vengono, senza badare alla correttezza della grammatica e delle parole, proprio perché è considerata più urgente la richiesta di aiuto, la volontà di denunciare la propria condizione e la fretta di mettere al corrente il lettore di quello che succede al di fuori di quel libro.
Non è assolutamente una lettura adatta a chi vuole leggere in modo spensierato, l'ho trovata molto toccante, ma lo consiglio assolutamente a chi vuole avvicinarsi a queste tematiche e a chi ha già letto un genere simile a questo.
Informazioni generali:
- Titolo: La furia
- Autrice: Alessandra Carnaroli
- Genere: narrativa
- Numero di pagine: 240
- Casa editrice: Solferino
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