Trama
Curve, un semaforo, una galleria e poi Lei. Così si arriva alla diga del Vajont, e così arrivano, una mattina di primavera, un padre e un figlio a quella che all'inizio degli anni Sessanta è stata la diga più alta del mondo e teatro di una delle più grandi tragedie italiane. Una storia fatta di montagne, di uomini e numeri, colpe e responsabilità. È la storia della costruzione della diga del Vajont, della sua parte visibile e di quella invisibile, di tutte le cose taciute, dei segnali e dei rischi mal calcolati e ignorati. Floriano e il figlio Alessandro ripercorrono le tracce del nonno Luzio, che a quel cantiere ci ha lavorato, ma la vera protagonista di questo racconto è l'acqua, ciò che ne abbiamo fatto negli anni e ne stiamo facendo tutt'ora. E per riuscire a comprenderlo, le parole di chi questa storia la conosce molto bene ci guideranno tra i paesi e gli abitanti delle montagne che circondano la diga - Erto, Casso e Longarone - e poi nelle aule del processo che seguì la sera del 9 ottobre 1963.
Floriano e suo figlio Alessandro decidono di partire per ripercorrere le tracce di nonno Luzio che quando era giovane in quel cantiere ci ha lavorato, diverse curve, un semaforo, una galleria decisamente stretta ed eccola li, la diga del Vajont.
Negli anni Sessanta è la diga più alta del mondo, ma è anche il luogo in cui è avvenuta una delle più grandi tragedie italiane, perché questa è la storia di una diga, di un disastro naturale, di uomini troppo sicuri, di numeri, di presunzione, di colpe e di responsabilità, in cui la vera protagonista alla fine è una sola, l'acqua. Per comprenderla al meglio bisogna farsela raccontare da chi questa tragedia l'ha vissuta, in quei paesi che si trovano sotto la diga, coloro le cui proprietà sono state spazzate via da quell'acqua, coloro che in quell'acqua hanno perso i propri cari.
Cosa ne penso io?
Storia del Vajont è un libro di narrativa scritto da Marco Paolini e Francesco Niccolini.
Il narratore di questa storia è Floriano, padre di Alessandro, di nessuno dei due sappiamo granchè però, dato che il loro compito è principalmente dare voce e spunti di riflessione su quella che è una storia reale. Così Floriano mette insieme quel poco che gli ha raccontato suo padre Luzio, che ha lavorato alla costruzione della diga, che a modo suo ha vissuto il disastro, anche se non di persona, e tutto ciò che guidato dalla curiosità ha imparato su questa storia.
Per chi di voi non ha mai sentito parlare della diga del Vajont mi sento di fare un piccolo chiarimento, magari vi convincerà ad informarvi su questa tragedia che negli anni Sessanta ha colpito il nostro territorio. Questo perchè io in primis l'ho semplicemente sentita nominare a scuola, dove si l'abbiamo studiata ma solo dal punto di vista geologico, invece secondo me i dettagli sono importanti e sono felice di aver approfondito la mia conoscenza in merito. In poche parole, questa diga è stata progettata per creare un serbatoio d'acqua che alimentasse la centrale idroelettrica in modo da alimentare Venezia e il Triveneto anche nei periodi di secca, il sistema con cui tutto ciò è stato costruito è decisamente complicato da riassumere, perciò faccio un balzo in avanti, il progetto di costruzione di una diga alta 261 metri (60 in più rispetto al progetto originario) e un invaso di 150 milioni di metri cubi (originariamente erano 58) venne approvato. La diga venne costruita, testata e tutto proseguì abbastanza bene finchè una prima frana compromise parte del sistema che portava l'acqua al bacino. Il disastro vero e proprio avvenne il 9 ottobre 1963, quando a franare è una parte consistente del monte Toc, che precipita nel bacino creando un onda che superò la diga, e si infranse nella valle sottostante, causando quasi 2000 vittime. La diga resistette all'impatto e alle sollecitazioni, per questo è ancora oggi visibile.
Questi chiaramente sono i fatti in maniera molto semplicistica ma quello che vorrei fosse chiaro è che non è un disastro capitato per sbaglio, non si tratta di sfortuna, i rischi si conoscevano, fin dai primi studi geologici se ne potevano rilevare i segni, eppure si è deciso di proseguire con il progetto, anzi addirittura di ampliarlo, sfidando ancora di più una natura già instabile, come se nessuno corresse alcun rischio, insomma infischiandosene del rischio di crollo, della frana, delle persone che vivevano a Erto, Casso e Longarone, pensando solo ai possibili profitti che si potevano trarre dalla diga. Ci si poteva fermare, il disastro del Vajont era evitabile. E questo secondo me fa ancora più male.
Ammetto di essermi parecchio discostata dal libro in sè, parlando per lo più della storia che narra, ma spero che le mie parole vi convincano in qualche modo ad approfondire questa storia, a leggere questo volume che merita davvero, e secondo me è scritto con una delicatezza adatta anche ai ragazzi. Non è solo una storia, è vita vera mista alla narrativa, una lettura che vi consiglio di affrontare per informarvi, per conoscere, un disastro di cui si parla troppo poco, ma non bisogna dimenticare. Fatemi sapere cosa ne pensate, se conoscete la storia della diga o se lo leggerete. Il mio voto è:




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